La centralità del vino si nota dalla sua presenza in tutti gli eventi della vita, sia civili sia sacri.
La considerazione che abbiamo del vino è così alta che pensarlo come una bevanda o un alimento sarebbe un sacrilegio.
La compagnia che fa il vino è unica, rende importanti i momenti, li immortala, accende i sentimenti e le passioni, seda gli animi, un buon compagno di vita.
Il vino è un elemento culturale e artigianale centrale nella cultura italiana e non solo. Il vino si beve, si assaggia, si gusta, il vino racconta delle persone che lo curano a partire dall’uva, dai terreni, dalle vendemmie. in Stadi sul cammino della vita (Kierkegaard) associa al vino la memoria, il ricordo “l’imbottigliamento del ricordo deve conservare il profumo del vissuto”.
Racconta della cura e dedizione di chi se ne prende cura, ci dice delle passioni e dello stato emozionale di chi lo produce.
In vino veritas, la verità sta nel vino, tralasciando la parte dei freni inibitori e quindi la persona in stato di ebrezza si lasci andare rivelando anche segreti.
Il vino è verità, e la verità sta prevalentemente nel suo spirito, nella sua volatilità, nella sua distillazione. Spirito è ingegno,arguzia, intelletto.
Lo spirito( anche se il vino non subisce il processo di vaporizzazione e condensazione) che rende spiritosi, così come il sale rende gustosi!
Il vino: la verità dei sensi
La vista: l’esperienza plurisensoriale che da il vino merita sempre di essere vissuta interamente, il vino si guarda con la stesso stupore e la meraviglia con la quale si gode di un paesaggio, di un tramonto o di un’alba. I riflessi e le note di colore significano un mondo circoscritto in un calice, sono i messaggeri si una terra, di un tempo e di uno spazio.
Gli odori e i profumi: l’olfatto è un giardino segreto, testimone dell’intimità congiunzione tra l’interno e l’esterno, sintesi tra quello che si vede e ciò che si sente, percezione intensa e itinerante, la capacità di lasciarsi trasportare dalle note olfattive rompe ogni barriera del tempo e dello spazio.
Il gusto: il contatto tra palato e vino apre un mondo, anzi più mondi contemporaneamente, assume forma quadrimensionale, diventa una fucina di informazioni, di stimoli e di percezioni. Il gusto ci fa ritrovare nella stessa misura come ci fa smarrire, il gusto ci fa credere in ciò che non vediamo.
La Sicilia è storia di vino
L’espressione di una terra la si misura dalla bontà del suo vino, così come la bontà di una cena si misura dalla qualità del suo vino.
La Magna Grecia in Sicilia ha lasciato tante opere in testimonianza di una civiltà importante, ma il lascito che viviamo ogni giorno in ogni sorso è proprio il vino.
In piena civiltà Romana i vini siciliani erano tra i più pregiati al mondo, e sembrerebbe che Giulio Cesare annoverasse tra i migliori vini anche il Mamertino, che impiego nel banchetto per festeggiare il suo terzo consolato. Vitigno che deve il nome ai Mamertini, soldati mercenari che si distinsero durante la prima guerra punica, perchè furono loro a piantare questa pregevole vite nei territori di Milazzo.
Il Cristianesimo, cui il vino è tra gli elementi simbolici e rituali più importanti in epoca Bizantina affinarono particolarmente le tecniche di vinificazione in Sicilia.
Durante la dominazione araba la produzione si contrasse per ovvie ragioni socio cultural religiose.
La dominazione aragonese fece riprendere le coltivazioni a pieno ritmo e cosa ancora più significativa le esportazioni. La consacrazione dei vini siciliani arriva nel 1800, quanto il mercante inglese
John Woodhouse, si rese conto della pregevolezza del Marsala tanto da ritenerlo all’altezza del più blasonato Porto se non addirittura superiore.