“Natale non è un giorno o una stagione, ma uno stato d’animo”.
John Calvin Coolidge
Di questo stato d’animo, calore e focolare , sentimento e strumento.
Il calore della Famiglia in una continua cottura lenta , profumata e intensa. Lo scricchiolar della legna che ardeva , quel profumo di affumicato che toccava tutte le pentole di alluminio annerite dal fumo della legna. Odori di bolliti e zuppe, tavole colorate ed imbandite sempre a festa, melograni, noci e mandorla e uva appassita regnavano al centro delle tavole, e ghirlande di “ Zorba” che adornavano la casa.
Schiamazzi, abbracci , corse e giocate interminabili tra bambini e anche gli adulti avevano i loro passatempi, le donne chiacchieranti consumando i ceci secchi e gli uomini ad un giro di briscole o di scopa.
Il mese di dicembre è sempre stato il mese degli agrumi , i profumi delle arance e dei mandarini erano presenti in tutte le case, si narra che la storia tra Re Carlo II e l’amante Nell Gwynn , venditrice di arance, inizi nel mese di dicembre.
Il rapporto con il cibo nel mese delle Festa rimanda a bisogni sociali, emozionali e queste basi mostrano proprio il loro modo d’essere, l’essere socialmente e emotivamente condivisi.
L’unità sociale si ritrova attraverso il mangiare assieme, tanto da diventare elementi di comunicazione non verbale e di prassi consolidate.
L’atto del cucinare stesso diventa modo di entrare in relazione con l’altro, l’altra famiglia che si fonde attraverso la cucina , il cibo e la tavola fino a divenire un unico ceppo, unica famiglia.
La conversazione tra le donne, mamme, zie, suocere e nuore, cognate e sorelle ricadeva sempre nel narrare del cibo, della ricetta e della cura fino a raggiungere la tavola , la tavola comune, le narrazioni portavano e preparavano a vivere e convivere nella socialità del gusto, il senso che vive solo nella sua caratteristica sociale.
…D’ogni cosa mi piace che maturi quand’è la sua stagione “ W.S.
La cucina invernale è la cucina che cura lo spirito e il corpo , è la cucina della riflessione , della calma, è la cucina della semplicità perché cosi vuole la terra . L’acqua calda nelle sue evoluzioni, zuppe, brodi, minestre , liquidi fluidi e caldi , pieni di tepore .
Maccu di favi
1 kg di fave cucivuli
0,1 kg di cipolla bianca
0,02 aglio
0,02 finocchietto
0,05 olio extra vergine
Mettere a bagno le fave per 24 ore, l’indomani mattina farle cuocere a fuoco lento nel doppio del loro volume. Generalmente evaporata ½ dell’acqua le fave sono cotte e quasi in purea.
Preparare un fondo di cottura con la cipolla tritata e l’aglio e metà del finocchietto , mettere la purea e allungare con del brodo di carne.
Fare cuocere dei capelli d’angelo , e mischiarli nella purea , servire caldo.
A questa ricetta tradizionale abbiamo apportato qualche modifica, guarnendo la zuppa di fave con riso carnaroli puro della Riserva San Massimo e cozze.