Menu Brianzolo
Monza e Brianza: gastronomia villana o cortigiana
I nostri chef, Salvatore e Vincenzo Butticè, hanno sempre mostrato una particolare sensibilità alla tradizione gastronomica italiana, sia nell’accezione regionale sia locale.
Da 18 anni, gli chef de Il Moro Ristorante, presenti sul territorio monzese hanno declinato una loro visione gastronomica che raccontasse la cucina italiana con prevalenza siciliana e mediterranea.
La gratitudine e il riconoscimento nei confronti della Brianza ha fatto maturare in loro una nuova visione, il focus verso la Brianza gastronomica che si aggiunge alla loro classica impronta.
Cosa e come si mangiava in Monza e Brianza
Gli alimenti maggiormente usati erano di origine vegetale quindi ortofrutticola, selvatica, cerealicola. Troviamo anche alimenti di origine animale, prevalentemente suina, ovina e da animali da cortile, la carne di origine bovina era più che sconosciuta.
L’alimentazione brianzola ha subito i condizionamenti dall’appartenenza sociale, economica, religiosa ed etica, e questi tratti distintivi sono particolarmente evidenti nelle classi meno abbienti, nei contadini.
L’allevamento dei bovini era finalizzato quasi esclusivamente dalla necessità di avere una forza motrice per coltivare i campi e solo l’elite dominante consumava da fine del XII carne di vitello, il latte di vacca non veniva usato dall’allevatore perchè usato per far crescere bene ed in salute i vitelli.
La produzione casearia era caratterizzata da latte ovino, capra e pecora, e la pecora dava anche il contributo della produzione di lana, quindi la carne ovina veniva consumata esclusivamente quando il capo non era più performante nella produzione di latte o di lana.
L’impiego della carne da animali di cortile seguiva lo stesso principio della carne ovina, la gallina che produceva le uova veniva usata in cucina solo quando aveva quasi cessato la sua attività da ovaiola e così per le oche o le anatre.
Ovvio in un giorno di festa ( le comandate e il Santo Patrono) la famiglia contadina poteva permettersi la carne a tavola, e quindi la festa era una grande festa.
Il suino allevato a ghiande di querce tra i boschi, unica concessione dei proprietari fondiari, ovvero far pascolare i suini nei propri boschi, era l’alimento della scorta e della riserva perchè si prestava bene ad essere conservato. La grande tradizione di salumi e insaccati in Brianza nasce dalla necessità di affrontare la fame facendo la scorta.
Il mangiare in Brianza
Come si componeva il Menu brianzolo?
Il focus sulle classi meno abbienti è un’analisi funzionale rispetto ai piatti della cultura gastronomica brianzola maggiormente interiorizzati.
Dal mondo vegetale, come già detto, si ricavavano le fonti di sostentamento, di soddisfazione del bisogno famelico.
L’alimento, ovvero la preparazione che non mancava mai era la polenta.
La polenta ha origine antichissime, sin dall’epoca romana, puls. Il mais non esisteva. Quindi la prima forma di polenta veniva realizzata con farina di farro, o orzo, miglio, segale, pànico.
Il pànico era preferito al miglio per la preparazione della polenta.
La segale durante il Medioevo era utilizzata anche per panificare ottenendo il pane di colore scuro in contrapposizione al pane dei ricchi di colore bianco, il pane a tavola contrassegnava già l’appartenenza ad una classe sociale.
In assenza di pane o di farina erano le castagne, spontanee nei boschi e utili per sfamare le folle ” Bovesin da la Riva”.
Maestro Martino e Bartolomeo Sacchi erano ben consapevoli delle pregevolezze ottenute dal mondo vegetale da parte dei contadini lombardi e brianzoli per queste ragioni le ritroviamo nei loro ricettari ma impreziosite con spezie, selvaggina e zucchero.
Da questi momenti gli incroci gastronomici si intensificano in Brianza, dalla minestra di fagioli secchi ” Macco” , da macco che costituisce la radice di maccheroni, ed il primo significato di maccheroni si riferiva agli gnocchi, ma la patata non esisteva ancora.
Gnocchi senza patate e polenta senza mais
Eppure all’inizio il menu brianzolo era senza patate e senza mais.
Gli gnocchi nascono come una variante del pulmentum (pappa di frumento) , Folengo nel XV secolo li presentava come una grande specialità contadina a base di : farina di cereali minori o pane grattugiato, formaggio ovino e rossi d’uovo, ottenedendo delle polpettine da cuocere in acqua salata e bollente.
Proprio in questo periodo la polenta subisce un’altra trasformazione, perchè la diffusione del grano saraceno influenza la polenta rendendola amarognola e grigia, ” piccola polenta bigia, di grano saraceno..”
Ed è proprio dalla metà del ‘500 che si inizia a vedere valorizzato il mais, proveniente dal nuovo continente, e quindi una polenta molto vicino a quella che conosciamo oggi.
Per essere più precisi, una polenta senza burro, ( il latte vaccino non veniva utilizzato perchè utile all’allevamento dei vitelli) quindi la parte grassa nella polenta veniva aggiunta impiegando lo strutto ( zona dorsale) o la sugna (grasso viscerale).
Monza e Brianza a tavola
Scoprire, conoscere o approfondire le abitudini alimentari di un luogo in genere richiede l’uso di un approccio analitico ed attento.
Ricostruire le abitudini alimentari non è mai un compito semplice, e le diatribe sul ” risotto alla monzese” in occasione di 4 Ristoranti a Monza ne è l’emblema.
I nostri chef utilizzano due approcci di analisi e di approfondimento in relazione al tipo di cucina. L’Italia struttura la propria cultura gastronomica su 4 codici, contadino – marinaro- ecclesiastico e conventale e aristocratico.
I primi due codici , contadino e marinaro si caratterizzano per la loro modalità di trasmissione – da madre in figlia, da nonna a nipote, il metodo di trasmissione maggiormente usato è stato di tipo narrativo-verbale, questa premessa scarta quasi ogni possibilità di ritrovare ricettari e quindi ricette catalogate e archiviate e nonostante questo la gastronomia nazionale e quindi il menu brianzolo tipico si rifanno alla cucina contadina.
Per svolgere questa ricerca gli chef de Il Moro ristorante di Monza, Salvatore e Vincenzo Butticè e tutto il team hanno postulato 2 assunti:
a) l’uomo mangia quello che ha e quello che è ( Brillat Anthelme Savarin )
b) L’uomo e ciò che mangia ( Feuerbach)